Fino alla metà del Seicento del narvalo – cetaceo dei mari del nord – non si sospettava l’esistenza, quantomeno in Italia. La sua lunga zanna che si avvita come un cavatappi, finiva per essere scambiata per il corno del mitologico unicorno.
Valore storico
Il corno divenne anche sinonimo di potere. Il “Trono della Consacrazione” dei reali di Danimarca, nel Castello di Rosenborg a Copenaghen, è costruito in gran parte utilizzando questi corni. Essi non potevano mancare neppure nelle corti rinascimentali italiane. Isabella d’Este esibiva nella sua Grotta il corno stimato come il più bello in Europa, assieme all’esemplare in possesso di re Sigismondo di Polonia. Il valore dell’oggetto era legato alla sua rarità, alla sua origine misteriosa, al suo intrinseco valore allegorico e alle sue presunte proprietà terapeutiche. Il corno, infatti, se polverizzato, era ritenuto secondo la medicina del tempo il miglior antidoto possibile contro il veleno.
Anna Visconti (terza moglie di Francesco I Gonzaga) riceveva nel febbraio del 1404 un «petius de alicorno, cum catenella de argento», forse lo stesso finito qualche anno dopo a Paola Malatesta, sposa di Gian Francesco Gonzaga, e descritto come «unum frustrum ossii de unicorno fulcitum argento, cum una chatenela alba», ossia un pezzo d’osso d’unicorno ornato d’argento, con una catenella bianca. Non per nulla Cecilia Gonzaga fu effigiata in una medaglia di Pisanello accanto a un “liocorno” (altro nome per indicare l’unicorno).
In Palazzo Ducale troviamo almeno tre rappresentazioni della creatura fantastica. Un affresco nel camerino degli Uccelli, in Corte Nuova, databile al 1570 circa; nello stemma della famiglia Petrozzani, sulla campana esafinestrata datata 1593 (corridoio di Santa Barbara). Infine nell’Età dell’Oro di Sante Peranda, dei primi del Seicento, ora nella sala del Labirinto.
Il corno di unicorno, in ogni caso, più volte ammirato e studiato nel corso del Cinquecento e del primo Seicento, era uno dei maggiori vanti della collezione gonzaghesca di “naturalia e mirabilia”, oggi rievocata dall’esposizione permanente ospitata nella Galleria delle Metamorfosi di Palazzo Ducale. La zanna, arrivata pochi giorni fa e già inserita nel percorso di visita del museo, è giunta dopo un lungo viaggio, con tanto di certificati che attestano come l’oggetto non derivi da caccia illecita. Gli Inuit possono cacciare il narvalo da agosto a ottobre e le zanne raccolte possono uscire dal Canada solo per ragioni particolari. Ecco quindi che il corno di Isabella d’Este, lungo proprio 178 cm, ora fa bella mostra di sé fluttuando sulle nostre teste nella Galleria delle Metamorfosi.
(Foto da ufficio stampa)