Nella notte del 29 aprile 1945, nel chiuso di una cucina alle porte di una Milano appena liberata dal nazifascismo, l’abbiente e fascinosa Signorina Giulia, interpretata da Gabriella Pession, ribalta lo status quo: seduce Gianni, Lino Guanciale, l’autista del padre e capo della servitù, scontrandosi con la cuoca Cristina, di lui promessa sposa. Si tratta della trasposizione moderna del classico La Signorina Giulia, dramma scandalo di August Strindberg; Patrick Marber, sceneggiatore candidato all’Oscar per film come Closer e Diario di uno scandalo, ha rielaborato l’originale aggiungendovi una maggiore carica erotica e portando in scena un insieme di corpi pulsanti di desideri sempre meno nascosti e di grande vitalità.
Nel corso dello spettacolo il punto di vista dello spettatore è destinato a mutare come in un lento piano sequenza, con un movimento impercettibile ma continuo, ottenuto attraverso la rotazione dello spazio-cucina. Il finale crudo e violento tinge di rosso il palco, e quel rosso si consacra come simbolo di una tragedia sempre latente, difficilmente evitabile.
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